Ora che il settore manifatturiero è entrato in una fase di “convalescenza” e progressivo ritorno a una “nuova normalità”, è necessario capire quali siano le conseguenze della pandemia sui processi produttivi, sulla gestione dei costi, sulla competitività e sulle aspettative delle imprese. Approfondire queste tematiche è fondamentale per valutare l’entità dell’impatto della pandemia sugli ecosistemi economici e produttivi, anche regionali, e stimare traiettorie e tempistiche del processo di ripresa.
A questo scopo ISTAT ha condotto una analisi denominata “Situazione e prospettive delle imprese nell’emergenza sanitaria Covid-19”, con la quale ha provato a delineare a 360 gradi il quadro di misure messe in campo, dalle imprese, a delineare la loro visione strategica e a valutarne il grado di fiducia nelle prospettive di restart della domanda e del ciclo economico globale. L’analisi, i cui primi risultati sono stati pubblicati il 15 Giugno 2020, è divisa per regioni e macro-aggregati territoriali consentendo quindi di valutare la performance relativa di ciascun territorio in termini di adattamento e resilienza e di stimare quanto la crisi sanitaria abbia impattato sulle aspettative di sviluppo dei diversi tessuti produttivi regionali.
“Questa indagine offre spunti molto interessanti sull’entità dell’impatto economico della crisi sanitaria, sulle dinamiche di risposta dei sistemi produttivi territoriali e sulle prospettive di ripresa delle regioni italiane” è la riflessione di Federico Visconti, rettore LIUC e membro del Consiglio dell’ISTAT. “Analisi di questo tipo sono importanti per delineare le dinamiche di transizione del sistema economico nel breve periodo e consentire ai responsabili delle politiche di intervenire per riorientarle laddove necessario. Non solo, possono rappresentare anche un valido strumento di benchmarking per imprenditori e manager, dando loro modo di confrontare il proprio orientamento strategico con quello del sistema produttivo cui appartengono”.
Entrando nel merito dei risultati che emergono dall’indagine è possibile identificare alcuni spunti che aiutano a chiarire le molteplici dinamiche innescate dalla crisi pandemica a livello locale.
“L’analisi di ISTAT evidenzia come la differente esposizione ai mercati internazionali possa giocare un ruolo decisivo in questa fase e ci restituisce un quadro del diverso approccio alla globalizzazione dei sistemi produttivi Settentrionali, con il Nord-Est più preoccupato dai possibili contraccolpi sulla domanda estera e il Nord-Ovest concentrato sugli effetti della trasformazione delle catene del valore internazionali” spiega Massimiliano Serati, Professore Associato di Politica Economica della LIUC – Università Cattaneo. “In particolare si distinguono le evidenze raccolte per la Lombardia, i cui imprenditori si mostrano convinti che l’impatto portato dalla riduzione della domanda proveniente dall’estero risulterà moderato, mentre risultano i più preoccupati dalla contrazione dei mercati di approvvigionamento e dal conseguente aumento dei costi degli input”.
Coerentemente, l’approccio strategico delle imprese Lombarde mira a consolidare i propri punti di forza scommettendo su solidità e capacità di resilienza del proprio modello di business e razionalizzando i costi legati all’acquisto di materie prime e semi-lavorati. Secondo il ricercatore LIUC, Fausto Pacicco “dalle evidenze raccolte dall’analisi ISTAT la strategia delle imprese lombarde appare più orientata che altrove ad un trasferimento di risorse dalle funzioni di produzione alle funzioni di vendita, con particolare focus sull’ampliamento e il rinnovamento della rete di fornitura, che si accompagna ad una rimodulazione al ribasso degli ordinativi di materie prime e semilavorati. Infatti, il 14.2% degli imprenditori Lombardi si dichiara intenzionato a modificare o ampliare i canali di vendita o i metodi di fornitura/consegna dei prodotti o servizi (contro una media del 13.7% nel Nord-Ovest e 13.6% in Italia) e il 8.7% punta sulla modifica della quantità di ordini di fattori di input (8.1% nel Nord-Ovest, 7.6% in Italia)”.
Il dato più confortante per le prospettive di sviluppo dell’economia regionale, a ulteriore dimostrazione delle sue capacità di adattamento e resilienza agli shock negativi (già più volte documentata nei lavori del Centro sullo Sviluppo dei Territori e dei settori della LIUC Business School), è costituito dalla quota contenuta di imprese intervistate che - tra gli effetti dell’emergenza da Covid per il 2020 - indicano la riduzione del numero dei dipendenti (8.9% contro una media Nord-Ovest del 9.3%, italiana del 11.8%) e la chiusura di una o più sedi operative (1.1%, 1,9% nel Nord-Ovest, 1.6% a livello nazionale). Questo porta a pensare che le ripercussioni sulla traiettoria di sviluppo del ciclo economico saranno più contenute qui che altrove e che la ripresa possa essere più rapida, in linea con le altre “regioni-motore” dell’economia europea.