Dopo una fase di formazione che, solitamente, culmina con un Dottorato in Ricerca (Ph.D. secondo la nomenclatura internazionale), i giovani che si avvicinano al mondo universitario passano da una sorta di apprendistato definito “Assegno di Ricerca”. Un percorso che consente a chi lo intraprende di completare progetti di ricerca iniziati con la tesi (di laurea o di dottorato) e di mettere alla prova le competenze acquisite negli anni di studio, per scoprire se la vita del ricercatore è effettivamente il proprio futuro o se le capacità e le competenze acquisite saranno messe a miglior frutto nel mondo dell’impresa.
La possibilità per un ente esterno, un donor, di finanziare in tutto o in parte l’assegno (che ha una durata minima annuale e massima di 6 anni), favorisce ancora di più la collaborazione ed il contatto tra il mondo dell’università e quello dell’economia reale, agevolando sia il trasferimento di competenze, sia una scelta più consapevole dei percorsi professionali. Tuttavia, nel sistema italiano, il finanziamento di una attività di ricerca da parte di una azienda non è sempre scontato o immediato.
A quali condizioni possono nascere queste collaborazioni? “Innanzitutto – spiega il prof. Paolo Crespi, Delegato del Rettore alla Faculty – la credibilità del progetto di ricerca è fondamentale per attrarre l’interesse di imprese ed enti. In secondo luogo, il responsabile del progetto, un Professore Universitario con qualche anno di esperienza, deve avere una riconosciuta competenza nella materia. La selezione del beneficiario dell’assegno, inoltre, deve garantire che le risorse saranno assegnate al migliore, sulla base di una rigorosa valutazione comparativa. Ma tutto questo non basta. È necessario che i Professori dedichino tempo a sviluppare i contatti con i possibili finanziatori, superando una diffidenza culturale del mondo delle imprese verso il mondo accademico, e che le strutture amministrative siano pronte a recepire ed accogliere le esigenze dei donors, armonizzando i processi burocratici di due realtà, università ed ente, spesso molto distanti come logiche e tempi”.
Cosa fa la LIUC per incentivare al massimo questo strumento?
Dal 2017, sono stati avviati 40 assegni di ricerca nelle diverse aree di competenza. Oggi 18 sono in corso.
Nello stesso periodo, 27 assegni hanno beneficiato di un finanziatore esterno, nella maggior parte dei casi per l’intero importo della borsa.
“A prescindere dalla mera natura contabile di questi importi – continua Crespi – si tratta, a tutti gli effetti, di un investimento che realtà produttive ed attive nel territorio hanno voluto fare sull’Ateneo, rinnovando, in modo crescente, quello spirito che 30 anni fa ha portato un visionario gruppo di imprenditori ad avviare un progetto ambizioso. Senza questi finanziatori, molte ricerche non avrebbero visto la luce e, spesso, lo stesso tema della ricerca è stato frutto del dialogo tra l’Ateneo ed il donor quando non di una specifica esigenza di quest’ultimo che ha riconosciuto in LIUC un centro di eccellenza sulla materia”.
Gli Assegni di Ricerca, che da gennaio 2023 saranno sostituiti dai contratti di ricerca voluti dall’ultima riforma dell’Università con l’intento di armonizzare il sistema italiano alle best practice europee, sono stati per LIUC la palestra per avviare collaborazioni più sfidanti. L’esperienza e la credibilità maturati nell’ultimo quinquennio, infatti, hanno messo LIUC al tavolo con attori come BPER e PWC, che, credendo nello sviluppo dell’Ateneo, hanno finanziato cattedre di ruolo, rispettivamente un Professore Associato ed un Ricercatore. I temi sui quali è nata la collaborazione sono Management Science e Business Analytics, per BPER e strategia e performance delle imprese familiari per PWC.
Ma in cosa si differenziano queste iniziative dagli Assegni di Ricerca? “Sono esempi concreti – racconta Crespi – di una modalità di coinvolgimento dei donors che non si limita ad una specifica ricerca, ma comprende anche didattica e terza missione nella specifica area scientifica del finanziamento. La cattedra finanziata ricalca molto più da vicino lo spirito dei “padri fondatori” di LIUC, la volontà, del donor, di partecipare all’investimento nella crescita e nello sviluppo sociale, culturale ed economico del territorio. Queste esperienze, che speriamo siano le prime di tante altre, lanciano una sfida per il prossimo trentennio, al cambiamento ed alla crescita dell’Ateneo e della comunità di cui LIUC è ormai parte inscindibile”.