Il concetto di Open Innovation o di innovazione aperta, ovvero l’approccio industriale secondo il quale un’azienda coinvolge soggetti terzi nel suo processo di ricerca e sviluppo, è ormai ampiamente diffuso, analizzato e dibattuto sia in ambito accademico che nel mondo dei practitioner. La maggior parte degli studi scientifici e degli esempi empirici relativi alle collaborazioni di natura “open” si è però focalizzata maggiormente sui casi di successo di tali collaborazioni rispetto a quelli di insuccesso, e con toni molto spesso alquanto trionfalistici; questo perché sia le aziende sia i consulenti coinvolti in progetti di Open Innovation preferiscono raccontare il raggiungimento di un obiettivo e non un suo fallimento. Ciononostante, è ampiamente dimostrato che sono perlopiù i casi di fallimento a permettere alle imprese di “imparare” meglio rispetto a casi di successo e di affrontare l’innovazione aperta in maniera più efficace e più efficiente.
È con lo spirito di colmare questo “gap” che si sviluppa la ricerca dal titolo “Investigating the drivers of failure of research-industry collaborations in open innovation contexts”, pubblicata su Technovation e curata da Gloria Puliga e Andrea Urbinati della Scuola di Ingegneria Industriale della LIUC con i colleghi Enrico Maria Franchin e Stefano Castegnaro. Obiettivo dello studio è identificare quei driver o fattori abilitanti che con maggiore probabilità causano il successo o il fallimento di una collaborazione. Tale ricerca è stata condotta mediante un approccio “polar sample”, ossia di confronto tra casi di successo (da un lato) e casi di insuccesso (dall’altro lato) di collaborazioni in progetti di open innovation in un contesto emblematico. Nello specifico, la ricerca ha analizzato tre casi di successo e tre casi di insuccesso avvenuti in progetti Big Science (ovvero progetti di ricerca che richiedono notevoli finanziamenti, gruppi numerosi coordinati di scienziati e tecnici, e grandi laboratori dotati di apparecchiature spesso costruite per il progetto) condotti dal CERN di Ginevra, ossia il più grande centro di ricerca per la fisica delle particelle. Il CERN è stato scelto perché tra le diverse collaborazioni di natura “open” attivate dal centro di ricerca spiccano quelle tra il centro di ricerca stesso e diversi player industriali, in particolare fornitori di una grande dotazione tecnologica.
Tra le principali cause di fallimento dei progetti di Open Innovation tra il CERN (in rappresentanza del contesto della ricerca) e i fornitori delle tecnologie (in rappresentanza dei player industriali coi quali il centro di ricerca collabora) sono state identificate: un’eccessiva focalizzazione delle aziende su un unico business, che non permette loro di applicare le competenze acquisite nel contesto Big Science in altri business e quindi mitigarne il rischio; l’assenza di una pianificazione di lungo periodo, che influenza la corretta pianificazione del business e delle risorse; una mancata gestione e assorbimento delle competenze; una passiva e indiretta partecipazione ai network di Big Science.