L’Open Innovation, ovvero il paradigma che raccomanda la collaborazione fra imprese e altre istituzioni nei processi di innovazione al fine di condividerne i rischi e i costi, e massimizzarne i risultati, non è esente da limiti e difficoltà implementative. Spesso, infatti, le collaborazioni falliscono nel senso che i soggetti coinvolti non traggono da esse risultati soddisfacenti: si registrano cioè notevoli inefficienze lungo il processo di innovazione oppure non si ottengono gli output (ad esempio, nuovi prodotti) sperati.
Recentemente, la comunità scientifica si è pertanto proposta di identificare gli strumenti che potrebbero migliorare l’efficienza e l’efficacia dell’Open Innovation.
Il paper “The effect of knowledge collaboration on innovation performance: the moderating role of digital technologies”, pubblicato nell’International International Journal of Technology Management e curato da un team di ricerca della Scuola di Ingegneria Industriale della LIUC composto da Valentina Lazzarotti, Raffaella Manzini e Gloria Puliga, e dai colleghi Luisa Pellegrini dell’Università di Pisa, Mohammad Eslami della Jönköping University (Svezia) e Harry Boer della Aalborg University, si colloca in tale filone di studi.
Analizzando un campione di imprese manifatturiere italiane, svedesi, francesi e spagnole, il lavoro mette in luce l’importante ruolo delle tecnologie digitali nel supportare il successo di iniziative di Open Innovation, favorendo una più agevole integrazione delle competenze che caratterizzano gli attori coinvolti, ingrediente chiave al fine di ottenere gli output attesi in modo efficiente.